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Il Crimiso

Crimiso: nome antico dell’attuale fiume San Bartolomeo; oggi chiamato così poiché fu ritrovata nei pressi del fiume una cappella dedicata al culto del Santo.
Due fiumi, il Caldo ed il Freddo, l'uno originantesi dal monte Busecchio dietro Calatafimi, l'altro dalla gola di Sorice dietro Alcamo, si uniscono a formarne uno solo nella contrada detta di Mangiaferro ad otto chilometri circa da Castellammare del Golfo.
Gli Elimi in memoria dei due più famosi fiumi che scorrevano nei pressi dell'antica Ilio dettero loro nome Scamandro al Caldo, Simoenta al Freddo. Il tratto risultante dall'unione dei due fu chiamato Crimiso.
Il significato del nome è stato variamente interpretato facendolo risalire ora al nome del padre di Aceste, fondatore di Segesta, ora al nome dell'antico fiume della Troade, ora al nome della patria di origine, Crimisa, da cui originavano gli Elimi presunti fondatori di Segesta.
«Apparve allora il Crimiso e si videro i nemici che lo stavano attraversando: in testa le quadrighe con le loro terribili armi e già pronte alla battaglia, dietro diecimila opliti armati di scudi bianchi e che, a giudicare dallo splendido armamento, dalla lentezza e dall'ordine con cui marciavano, si suppose che fossero Cartaginesi.»

La battaglia del Crimiso (o meno propriamente Crimisso) fu combattuta dai Siracusani e dai Cartaginesi nel 341 a.C.
Cartagine raccolse un esercito di oltre 70.000 uomini tra cui circa 10.000 cavalieri e 2500 componenti il Battaglione Sacro, composto solo da nobili cartaginesi, per scacciare tutti i Greci dalla Sicilia,
L'armata Cartaginese, al comando di Amilcare e Asdrubale, reclutata in Libia, Penisola iberica, Gallia e Liguria, appoggiata da 200 navi da guerra venne trasportato in Sicilia da una flotta che sbarcò, verso la fine di maggio del 341, le truppe nei pressi di Lilybaeum, con l’intento di attaccare Siracusa.

Nel giugno del 341 a.C. Timoleonte, comandante dell'esercito siracusano, si trovava a otto giorni di cammino da Siracusa e devastava le campagne delle città filo-puniche. Al suo contingente si era unito quello dei suoi ufficiali Demareto e Dinarco, contingente costituito da soldati delle città strappate dai due ufficiali al dominio punico al comando di circa 12.000 uomini, di cui 1.500 cavalieri.
L'esercito cartaginese, appena sbarcato ebbe notizie dell'incursione di Timoleonte e decise di attaccarlo immediatamente, mentre stava lasciando le zone dell'incursione si mise in marcia verso i Siracusani e li raggiunse il 9 giugno in prossimità del fiume Crimiso.
Quando l'esercito siracusano, protetto dalla foschia, arrivò al Crimiso, nei pressi di Segesta, sorprese i Cartaginesi all'attraversamento del fiume, in un terreno paludoso che non permetteva di muoversi liberamente: particolarmente svantaggiato dalla morfologia del terreno fu il Battaglione Sacro, reso lento dalle ingombranti armature e dal pesante armamento.

Timoleonte affidò a Demareto la cavalleria ordinandogli di aggirare le quadrighe nemiche e di attaccare sui fianchi l'esercito che si stava ancora schierando.
Iniziato lo scontro corpo a corpo, un improvviso e violento temporale fece aumentare il livello dell'acqua e trasformò l'area in una vera palude. Per le truppe scelte puniche, impantanate e poste più in basso rispetto ai nemici, fu un disastro: la prima fila di quattrocento uomini fu sgominata dall'impeto dei Siracusani avvantaggiati anche dalla direzione della pioggia mista a grandine. Gli altri combattenti, in gran parte mercenari, sgomenti nel vedere le truppe d'elite in grande difficoltà, cedettero a loro volta e finirono per ostacolarsi a vicenda nel tentativo di fuga.

La disfatta Cartaginese fu gravissima: Timoleonte fece ben 15.000 prigionieri e si impadronì di tutti gli armamenti e di tutte le vettovaglie del campo cartaginese. Sul campo rimasero circa diecimila punici, compresi tutti i soldati del Battaglione Sacro. I sopravvissuti ripararono a fatica a Lilibeo. Timoleonte, dato che la flotta punica era ancora di fronte alla costa di Lilibeo, rinunciò ad assediare la città e, lasciati alcuni contingenti a saccheggiare la città, fece rientro a Siracusa.

 
 
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